Riflettiamo
Handicap e sessualità...
Nei prossimi articoli riflettiamo su un tema al quanto importante...
La sessualità nell’handicap
Se il termine sesso dà una definizione di appartenenza ad una delle due espressioni dell'unica natura umana: a quella del maschile e del femminile, il termine sessualità indica un'espressione psicocomportamentale di questa appartenenza: è l'energia propria del sesso, che definiamo energia vitale originaria, originante la vita e che si esprime in tutte le azioni umane. Come il corpo non è, se non per astrazione logica, parte dell'uomo, così la sessualità è inscindibile dalla nostra identità corporea che ne è impregnata. Se dunque l'uomo è nel mondo e lo esperimenta attraverso il proprio corpo, allora la sessualità è parte dell’esserci e dell’esperire di ognuno di noi. Un buon rapporto con la propria sessualità è segno, per non dire effetto, di una equilibrata evoluzione e autogestione della propria relazionalità. Davvero la tenerezza cui i giovani, e meno giovani, oggi danno tanta importanza è un ottimo segnale sociale.
La tenerezza, come manifestazione della propria equilibrata emotività, deve estendersi a tutti i rapporti sociali, in forme scalari, evidentemente. Tale caratteristica risulta essenziale nel contesto delle relazioni dei soggetti con handicap fisico. Molti confondono l'intensità di una "emozione d'Amore" (l'innamoramento) od una forte attrazione sessuale/genitale con l'Amore: ma tale forte emozione affettiva è solo la prova di quanto sia intenso il bisogno e grande la solitudine. In termini umani (e quindi di valore), la realtà biologica, l’attrazione fisica, è solo la materia che riceve la sua forma dall'Amore. Perché la sessualità umana comprende l'istintualità, la genitalità, ma non si esaurisce in essa. La pulsione istintuale sessuale deve essere integrata nella elaborazione del sé. È presente fin dalla nascita ed investe la globalità della persona, che deve essere intesa come un'unità somatica, psichica e pneumatica. Se si esclude la dimensione "spirituale", la natura umana non può essere compresa, e la sessualità, l'affettività e l'Amore subiscono inevitabilmente un processo riduttivo e forviante, che ne impedisce la comprensione e la pratica. La sessualità diviene "prestazione" (con tutte le espressioni patologiche relative, particolarmente gravi nell'handicap) possesso, dominio: in una parola violenza, quanto meno verso se stessi: perché castrante la dimensione positiva di "valore" che le è umanamente propria. La sessualità dell'handicappato fisico, non mentalmente compromesso, e quella del soggetto privo di handicap, dal punto di vista morale hanno le stesse regole, poiché il portatore di handicap ha integra la possibilità di compiere una scelta valoriale.
Handicap e sessualità: una visione socioculturale
Fino ad alcuni decenni fa il discorso relativo alla sessualità nei soggetti portatori di handicap veniva considerato tabù e, di conseguenza, eluso dalla letteratura.
Attualmente, al contrario, l'argomento viene affrontato con sempre maggiore frequenza, sia da parte degli operatori sia dai mezzi di comunicazione. Le ragioni di questo mutamento e dell'interesse crescente nei confronti di tale tematica possono essere molteplici.
La prima ragione è la caduta di alcuni tabù sessuali e la "costante penetrazione nella coscienza sociale di una nuova sensibilità relativa ai diritti dei portatori di handicap, diritti che tendono, com'è giusto, verso il più possibile". La seconda ragione può essere attribuita al fatto che la tematica relativa alla sessualità dei disabili sia diventata "di moda", ovvero che "faccia tendenza". A ciò ha contribuito indubbiamente il fatto che i due termini del discorso, "handicap" e "sessualità", progressivamente "hanno subito una particolare forma di censura che non ha comportato l'imposizione del silenzio, quanto piuttosto l'elaborazione di un nuovo linguaggio".
La terza ragione può essere individuata nella crescente richiesta di formazione da parte dei genitori e degli operatori, che spesso si trovano ad affrontare direttamente il problema della psicosessualità dei portatori di handicap.
La quarta ragione, strettamente correlata alla precedente, rimanda al fatto che i bisogni e i desideri sessuali delle persone con disabilità non possono più essere ignorate, sia per la maggiore espansione della coscienza del disabile sia per la crescente accettazione da parte della coscienza sociale. Ciò pone fortemente in discussione la presenza educativa e rieducativa dei genitori e degli educatori e richiede una imprescindibile riflessione sul loro ruolo e sulle modalità più adeguate per affrontare questo problema, nel pieno rispetto della dignità e dei diritti del disabile. Genitori e educatori dei disabili, infatti, riescono con difficoltà ad accettare che una persona in situazione di handicap possa manifestare bisogni sessuali analoghi a quelli di una persona normodotata. Il disagio nell'accogliere la dimensione sessuale e la sua espressione nella persona disabile può essere imputato alla biologizzazione della sessualità, ossia alla tendenza a considerarla come mera realtà naturale/organica scarsamente o per nulla correlata a fattori affettivi, relazionali, sociali, ecc. La diretta conseguenza di tale visione è la considerazione della sessualità come dimensione fruibile solo da persone con un apparato biologico sano e funzionale.