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Riflettiamo - Dott. Giuliano Franzan

Dott. Giuliano Franzan
Teologo - Psicologo - Sessuologo - CTP
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Riflettiamo

Fede come avventura...
Seconda parte: Il suono del flauto

Riflessione: «Abbiamo suonato il flauto» (Mt 11,16-19)
Fede è sequela, è rapporto, è intimità, è condivisione.
Gesù è il maestro, l'amico, la guida da seguire: fede comporta appunto un affidarsi, un mettersi insieme lasciando a Dio l'iniziativa e accettando ogni proposta anche quando può sembrare lontana dal nostro buon senso e dalle nostre abitudini.
Fede è dunque affinare il nostro spirito e imparare a cogliere il messaggio che ci viene offerto, decifrare l'annuncio superando difficoltà e ritrosie istintive e aprendo il cuore alle possibilità che Dio stesso ci mette davanti.
Non è fede quel tentativo, sempre presente nel nostro costume umano, di adattare, di far entrare tutto in schemi già pronti costruiti dalla nostra fantasia o dalla mentalità comune nella quale e della quale si vive: d'altra parte si capisce come sia automatica in noi una sorta di difesa che ci conduce quasi insensibilmente a darci ragione, a non cambiare nulla, a trovare scuse e approvazioni a ogni nostra scelta e a ogni comportamento.
E così che nella chiesa, lungo i secoli, sono nate tradizioni e situazioni che alla luce del messaggio evangelico non sono in linea con l'insegnamento di Gesù e quindi non sono accettabili dal cristiano.
Si capiscono usi e costumi avallati con frasi evangeliche, decisioni prese «davanti a Dio», come si è sempre detto, scelte coperte con dichiarazioni di buona fede e di impegno di servizio alla causa del regno di Dio: si capiscono gesti di ieri e di oggi che per salvare la ortodossia non tengono conto delle minime regole del rispetto delle coscienze e delle persone.
Si capiscono, ma non si approvano, non si accettano come autentiche posizioni cristiane, come testimonianza di una fedeltà evangelica.
Bisogna stare al «flauto» che suona, al ritmo, alla intonazione che viene offerta, bisogna entrare nella proposta precisa che viene da Dio, nella linea già in atto nella volontà di Dio, già segnata da quella intuizione ispirata dallo Spirito, anche se tutto questo diventa cambiamento del tono di vita e sovverte l'equilibrio già precario della nostra situazione spirituale.
Ciò significa diventare attenti alle voci, ai richiami che ogni giorno arrivano al nostro cuore più che alle nostre orecchie, parole, gesti, avvenimenti, realtà che contengono un preciso messaggio e chiedono una risposta.
È in altre parole saper decifrare i «segni dei tempi», saper leggere quanto batte e ribatte alle nostre sponde, saper accogliere l'invito che sale dalle cose, dalle persone, dalle situazioni: non è una lettura facile, sia perché esige una attenzione e una particolare capacità di scendere nel profondo, sia anche perché poi conduce a prendere una posizione, a compromettersi lealmente.
Per questo, spesso noi restiamo nelle solite nostre abitudini e non intendiamo allontanarcene, ripetendo parole, gesti, scelte già collaudate, ma non più rispondenti al richiamo della storia: per questo, siamo sempre in ritardo, stonati, sordi al richiamo e alla realtà che la provvidenza di Dio ci ha fatto incontrare.
Spesso, la nostra vita di fede, la stessa vita della nostra comunità cristiana, di quella parte di chiesa dove noi siamo radicati e di cui siamo responsabili, si riduce a ripetere modi e iniziative oggi poco incarnate nella sensibilità più diffusa: di qui poi viene l'assenteismo, l'esodo delle masse, a cominciare dai giovani che non trovano nulla di «interessante» in quanto noi andiamo offrendo.
Per di più, invece di riflettere sul nostro atteggiamento cercando di modificarlo rendendolo più adatto alla realtà attuale, noi siamo più propensi a condannare gli altri, a denunciare la mancanza di fede, il «tradimento» dei giovani o degli adulti, a puntare il dito su realtà concretamente anomale e ingiuste, quasi a discolpare noi stessi e rimanere là dove già siamo.
Ascoltare il suono del flauto: ecco il dovere e il bisogno nostro, di tutti, di noi credenti assillati dal problema del mondo, e anche di chi oggi si dice non credente. Il flauto suona e si fa sentire, intona il suo canto di gioia e invita alla danza, invita a guardare con gioia la vita nostra e altrui.
Che senso ha, per esempio, la ricerca diffusa oggi di esperienze di meditazione, di equilibrio psicofisico, l'attenzione ai fenomeni parapsicologici, al senso del dopo-morte, il ritorno quasi ciclico verso ritualità più emotive che facciano «sentire» la realtà spirituale, la nostalgia di «altro» diverso e opposto alla frenesia del vivere quotidiano?
Non è forse il desiderio di qualcosa che dia un'emozione e faccia «sentire» la presenza di Dio, o almeno il gusto di ciò che sta al di là del sensibile? Perché, allora, viene cercato fuori della chiesa e della fede cristiana, perché non ci si accorge che l'incontro con Cristo risorto e vivo è possibile, e realmente conduce all'esperienza più straordinaria?
C'è un flauto che suona questa canzone, che invita a questa esperienza, che chiede di entrare nella danza del mondo alla ricerca dell'infinito e del mistero: bisogna allora rispondere e intonarsi con questo suono incessante.
C'è un altro flauto che risuona nell'interno di noi, e sono quelle «buone ispirazioni» che si affacciano alla nostra mente e al nostro cuore, sono voci che risalgono dal profondo di noi e riportano le parole più belle, le proposte più coraggiose del messaggio evangelico.
Seguire il Cristo è precisamente credere alla sua parola, non solo a quella scritta nel testo ispirato, ma anche a quella che egli stesso scrive dentro di noi, la parola con la quale chiama a decidere delle scelte difficili e non comuni, a incamminarci sulle strade dove solo la fede segna le tracce.
La fede diventa cosi ogni giorno una scoperta, una invenzione, una avventura, sia nei piccoli atti nascosti, noti soltanto a noi stessi, sia in qualche gesto esteriore che edifica il Regno e offre a tutti l'occasione di una ripresa e di una attenzione allo spirito.
Cosi, l'incontro con le persone, anche quelle che a prima vista sembrano non aver nulla da dire e che invece portano forse inconsapevolmente un richiamo per noi, l'impatto con situazioni piacevoli o dolorose nelle quali appare un vuoto da colmare o una traccia da seguire, sono altri suoni del flauto che invita alla danza, a mettersi in sintonia con la volontà di Dio, con il suo amore per noi e attraverso di noi per gli altri.

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