Riflettiamo
Le preoccupazioni della vita...

Generalmente perdiamo la pace a causa del timore suscitato da alcune situazioni che ci toccano personalmente e nelle quali ci sentiamo minacciati, dall'apprensione di fronte a difficoltà presenti o future, della paura di essere privi di qualcosa di importante o di non riuscire in tale o tal altro progetto ecc. Gli esempi possono essere infiniti e toccare tutti i settori della nostra vita: salute, vita familiare e professionale, vita morale, la stessa vita spirituale in fine.
Nei casi elencati si tratta di un certo bene, di natura molto variabile: bene materiale (denaro, salute, potere), morale (capacità umane, stima, affetto di alcune persone), spirituale (virtù, doni e grazie spirituali), bene che desideriamo e riteniamo necessario, che abbiamo paura di perdere odi non acquisire, o bene di cui effettivamente manchiamo. L'inquietudine provocata dalla mancanza o dalla paura di mancare ci fa perdere la pace.
Cosa può permetterci di rimanere sempre in pace in questo genere di situazioni? La saggezza umana, con le sue precauzioni, le sue previsioni, le riserve ed assicurazioni d'ogni sorta, non basta di certo. Chi può garantire a se stesso con sicurezza il possesso duraturo di un bene qualsiasi? Non è certo grazie a calcoli e preoccupazioni che riusciremo a cavarcela. «E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?» (Mt 6,27). L'uomo non ha mai la certezza matematica di ottenere qualcosa e tutto quanto tiene tra le mani può sfuggirgli da un momento all'altro. Non vi è alcuna garanzia umana su cui appoggiarsi saldamente.
Gesù ci dice: «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà» (Mt 16,25). Il modo più sicuro per perdere la pace è proprio il cercare di assicurarsi la propria vita, di acquistare o conservare un bene qualsiasi con l'aiuto della sola industria umana. In quali tormenti ed inquietudini si mette la persona che cerca di salvarsi in questo modo, considerate le sue forze limitate, l'impossibilità di prevedere tante cose, le delusioni che possono procurare gli avvenimenti o le persone sulle quali si fa affidamento!
Per conservare la pace in mezzo ai rischi dell'esistenza umana non abbiamo che un'unica soluzione: appoggiarci a Dio solo, con una totale fiducia in lui. Confidare in lui come in un padre che sa di cosa abbiamo bisogno, secondo l'insegnamento del Signore:
«Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo ed il corpo più del vestito?...» (Mt 6,25-34).
Gesù, con queste parole, non intende certo proibirci di fare il necessario per guadagnare il nostro nutrimento, di provvedere ai nostri indumenti e a tutte le altre necessità. Egli vuole liberarci da quella preoccupazione che rode e fa perdere la pace.
Tuttavia, molti sono scandalizzati da questo modo di vedere le cose. Eppure potrebbero risparmiarsi tante sofferenze e tormenti inutili, se solo prendessero sul serio questa parola di Dio, che è parola d'amore, di consolazione e di tenerezza.
Questo è il grande dramma: l'uomo non ha fiducia in Dio. Cerca allora in ogni circostanza di cavarsela con le proprie forze, si mette in ansia e si rende terribilmente infelice, invece di abbandonarsi fiducioso nelle mani tenere e pietose di suo padre. Com'è però ingiustificata questa mancanza di fiducia! Non è assurdo che un bambino dubiti così di suo padre, che noi dubitiamo del Padre celeste?

«Perché non hai fiducia in me, tuo Creatore? Perché contare su te stesso? Non sono forse fedele e leale con te? Riscattato e ristabilito nella grazia in virtù del sangue del mio Figlio unico, l'uomo può dunque dire di aver sperimentato la mia fedeltà. Sembra tuttavia dubitare ancora che io sia sufficientemente potente per soccorrerlo, forte per assisterlo e difenderlo dai suoi nemici, saggio per dare luce agli occhi della sua intelligenza, o clemente per volergli donare quanto necessiti alla sua salvezza. Sembrerebbe credere che io non abbia ricchezza e bellezza a sufficienza per fare la sua fortuna e donargli bellezza. Si potrebbe dire che abbia paura di non trovare presso di me pane per essere nutrito o indumenti per essere rivestito» (Dialoghi, cap. 140).
È proprio allora che il padre della menzogna, l'Accusatore, riporta la sua vittoria: quando riesce a mettere nel cuore di un figlio di Dio la diffidenza nei confronti di suo padre!
Tutti gli uomini vengono al mondo segnati da questa diffidenza: questa è la traccia in noi del peccato originale. Tutta la nostra vita spirituale consiste appunto in un lungo processo di guarigione e di rieducazione, il cui scopo è il ritrovamento di questa fiducia perduta, aiutati dalla grazia dello Spirito santo che ci rende poco a poco capaci di dire in verità: Abbà, padre!
È pur vero che questo ricupero della fiducia nei confronti di Dio è per noi particolarmente difficile, lungo nel tempo e penoso.
Si presentano due ostacoli principali, che affronteremo nei prossimi articoli:
1. La nostra difficoltà a credere nella Provvidenza
2. La paura della sofferenza