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Riflettiamo - Dott. Giuliano Franzan

Dott. Giuliano Franzan
Teologo - Psicologo - Sessuologo - CTP
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Riflettiamo

Fede come avventura...
Seconda parte: Il suono del flauto

Riflessione: «Oggi debbo fermarmi da te» (Lc 19,1-9)
La fede cristiana è il tentativo continuo di voler «vedere» Gesù, di accettarlo nella sua realtà, di mettersi alla sua sequela imparando da lui i criteri di scelta per ogni azione e ogni atteggiamento.
Non è un'ideologia costruita da noi pur partendo dalle parole di Gesù, non è una saggezza umana fondata sul buon senso comune, sulle mode spirituali che si incontrano lungo il divenire dei giorni: la fede è e sarà sempre l'accettare coraggioso e senza mezze misure di quanto Dio stesso propone all'essere umano del suo insegnamento, di quella «volontà» che è sempre tesa al bene dell'essere umano anche se questi non sempre la capisce cosi.
Il gesto di Zaccheo richiama questa fondamentale modalità della fede: vedere, mettersi davanti a Dio superando le nostre immaginazioni, i nostri gusti, le prevenzioni che dominano la nostra mente e la nostra condotta.
Voler vedere, anche se le difficoltà sono molte e sembra di non riuscirei, di avere davanti ostacoli insormontabili, o addirittura se si pensa che sia una impresa disperata, uno scopo irraggiungibile.
Zaccheo insegna come fare: si cerca un mezzo qualunque, si accetta qualunque possibilità che venga offerta, anche se può sembrare ridicola, indegna della nostra serietà professionale, infantile, lontana dalle nostre capacità mentali o dal nostro livello culturale.
Zaccheo non si vergogna di salire su un albero, lui, il «notabile» della città, temuto e riverito: ma se questo è l'unico mezzo in quel momento per riuscire a vedere Gesù, non c'è nessuna ragione per rifiutarlo, e anche un sicomoro diventa un punto di osservazione utile e prezioso.
Quale sarà il nostro sicomoro, il mezzo per superare la folla che impedisce di vedere, per innalzarci al di sopra della nostra mediocrità e meschinità che chiude lo sguardo e non permette di spaziare sull'infinito?
La riflessione può aiutarci a scoprire accanto a noi ciò che diventa un mezzo necessario per superare gli ostacoli e giungere a vedere il Signore che passa: ma dobbiamo fare in fretta, perché il Signore sta passando e di lì a poco scomparirà dal nostro orizzonte.
Quanti rimandi, quante attese inutili, quanti «vedremo» che di fatto hanno impedito di vedere, quante scuse insostenibili, di fatto formano quasi il tessuto della nostra vita spirituale che non cambia, che non si lascia interpellare e mantiene il suo ritmo stanco e ripetitivo sempre più lento e sterile.
Ma, se c'è questa volontà, se finalmente si esce allo scoperto, si fa il primo passo e si abbandonano paure e false prudenze, se ci si mette nel posto giusto, superando le solite abitudini, è certo che Gesù, passando, si fermi e faccia anche a noi la sua proposta: «Oggi debbo fermarmi a casa tua».
Gesù vuole «fermarsi» in casa nostra: questa è la fede! non soltanto un momento sentimentale, una emozione passeggera, un fatto episodico da ricordare quasi con nostalgia come un evento finito per sempre, ma una posizione, una modalità, un atteggiamento continuativo, una esperienza che cresce nella sua realtà e via via conduce a un rapporto sempre più intimo.
Spesso la nostra fede si indebolisce e svanisce, accontentandosi di formule, di «pratiche», di osservanze minuziose, oppure accetta un livello nebuloso impersonale, e diventa sempre più esile fino a cancellarsi dal cuore per restare solo nei gesti obbligati.
Fede, invece, è rapporto definitivo, rapporto che decide la qualità della vita perché è il rapporto con Dio accettato e voluto come senso del nostro vivere: la parola di Dio giudica l'agire e misura e pesa il valore di ciò che siamo e facciamo.
Tant'è vero che Zaccheo dichiara che cosa è successo in lui che finalmente ha potuto «vedere». Gesù: è la rivoluzione nella sua vita, è la fine di una personalità chiusa nell'egoismo del potere, del danaro, dell'orgoglio, per aprirsi alla vera dignità che viene proprio nel rapporto con Gesù, dalla sequela coraggiosa di lui.
Si può, si deve, misurare l'efficacia della nostra fede in rapporto al gesto di Zaccheo: che cosa diamo di fatto ai «poveri» (tutti i poveri, cominciando dai bisognosi economicamente per giungere a tutti i tipi di bisogno e povertà, intellettuale, sociale, d'amore, di fede, ... ), quanto della nostra sostanza (cioè della nostra persona) diamo al prossimo.
Forse non è molto, non è la metà, o forse sono soltanto gesti episodici che lasciano ancora a noi la discrezione delle scelte, delle modalità, della quantità.
Ma c'è di più: c'è anche la frode da riparare! Forse a noi sembra di non rientrare in questo aspetto di conversione: non abbiamo frodato nessuno, abbiamo sempre dato a ciascuno il dovuto ...
Ma, è proprio vero che la nostra vita cristiana, forse anche vissuta sotto etichette solenni, coperta da gesti e da parole sacre e proposta come fedele al vangelo, è di fatto così coerente e così luminosa da affascinare e manifestare l'amore sconfinato di Dio?
La nostra fede è un continuo invito alla conversione, a leggere dentro di noi per scoprire le distanze immense che separano la nostra vita concreta dall'insegnamento di Gesù, da quella caratteristica che può realmente farci presentare come cristiani.
Portare questo nome di «cristiani» è sempre una provocazione, un invito a convertirci, per avvicinarci un po' di più a ciò che il nome significa.
Lo scandalo degli altri che non vorrebbero che Gesù si fermasse in casa del «peccatore», forse è ancora lo scandalo del nostro comportamento, è la frode che copre e soffoca la luce che viene da Dio ed è destinata a tutti: tutti hanno diritto a vedere in noi, che portiamo questo nome, qualcosa che faccia «vedere» in qualche modo il volto di Dio.

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