Riflettiamo
Fede come avventura...
Prima parte: Oltre i simboliRiflessione: «I due padroni» (Mt 6,22-24)
La scelta di Cristo è una scelta esigente, decisiva, una scelta che non ammette doppiezza né tentativi di compromesso.
Quando si decide di seguire il Signore; non è più possibile seguire anche la mentalità del mondo, le regole del cosiddetto «buon senso», ma unicamente la parola di Dio e l'insegnamento di Gesù.
Ciò che avveniva al tempo di Gesù, quando per seguire bisognava in qualche modo distaccarsi da ciò che fino allora era stato accettato e ritenuto essenziale e sufficiente, avviene anche oggi e produce le medesime difficoltà e i medesimi conflitti.
Ciò che ha condotto i farisei, e in genere i capi religiosi del popolo eletto, a rifiutare Gesù è stata precisamente l'impossibilità di continuare le proprie abitudini e aggiungervi un sentimento di simpatia verso il profeta venuto da Nazareth.
A un certo momento è scoppiata l'alternativa che ha condotto a fare la scelta: o con Gesù o contro di lui, senza possibilità di mediazione o di coesistenza.
I capi del popolo se ne sono accorti, specialmente dopo la risurrezione di Lazzaro che poneva fin troppo chiaramente la decisione radicale: o accettare Gesù e seguire la sua parola lasciandosi coinvolgere fino al punto di mettersi in contrasto con usi e costumi collaudati da secoli, oppure eliminare questo scomodo profeta e rimanere nelle proprie convinzioni senza alcun interrogativo.
Dopo tutto, la scelta dei sommi sacerdoti e del sinedrio è stata leale e coerente: no a Gesù, un no totale, condotto fino alle ultime conseguenze, e quindi la condanna di lui come sovversivo, eretico, empio e così cancellarne la memoria o almeno annullare il fascino che aveva saputo diffondere attorno alla sua persona.
Gesù ha sempre chiesto questa sequela totale e decisa: via via che sceglie i dodici li invita ad abbandonare tutto per rimanere con lui, per condividere il suo pellegrinare e la sua vita di maestro. Passo passo, Gesù cercherà di legare a sé coloro che egli Stesso ha scelto, formando così la sua prima comunità, quella «chiesa» che non è frutto di potere o di leggi sociologiche, ma è ciò che egli stesso ha desiderato per rendere possibile la sequela di lui da parte di chi lo desidera con sincerità.
Scegliere Gesù diventa così un passo importante e definitivo, un passo che segna tutta la vita e che perciò allontana da altri traguardi e da altre scelte: è una scelta piena in cui si gioca la vita, la personalità, la propria storia e la storia di coloro con i quali si condivide la quotidianità.
Nel Vangelo di Luca, vi sono affermazioni di Gesù che indicano con estrema chiarezza la radicalità della scelta: Gesù non è venuto a portare la pace, ma la spada, la divisione, non nel senso di una volontà di contrapposizione, ma perché di fatto chi sceglie di stare con Gesù non può più accettare altre visuali e altre mentalità (Lc 12,51).
Si afferma cioè che non si può tenere il piede in due scarpe, non si può fare della fede una ideologia continuamente adattata alle proprie misure, giocando al ribasso con la scusa di non cedere al fanatismo né all'integralismo. Spesso, invece, c'è una specie di preghiera del fariseo al contrario: si afferma di non voler essere come gli altri che «digiunano, che offrono le decime...» per rimanere quello che già si è senza nessuna voglia di cambiare.
Ecco allora l'avvertimento di Gesù: «non si può servire a due padroni »: ed è un avvertimento rivolto proprio a noi, a quelli cioè che si credono già giusti e pensano di non aver nulla da rimproverarsi, mentre hanno da convertirsi.
Quali sono i «padroni» che di fatto noi serviamo mentre diciamo di essere cristiani?
Sono in genere quegli «idoli» che abbiamo via via lasciato entrare in noi e che ora dominano la nostra coscienza.
Idoli come, a esempio, l'abitudine, la comodità di situazioni già acquisite, atteggiamenti che nati come espressione di fede e di amore ora sono solamente un gesto vuoto e sterile.
Pensiamo a come gestiamo la nostra preghiera: le «pratiche di pietà» vengono osservate così possiamo sentirci in pace con i nostri obblighi (la preghiera personale, il rosario, l’eucaristia, i sacramenti...), ma sono«pratiche», cioè elementi esteriori che a poco a poco hanno perso il loro contenuto. Pensiamo a come parliamo di Dio, della sua legge, della sua parola: sembra talvolta che ne sappiamo più noi di lui e che vogliamo semplificare tutto riducendo il nostro rapporto con lui alle nostre piccole misure, alla concretezza meschina del quotidiano, annientando il mistero che è proprio di Dio.
Pensiamo a come gestiamo le nostre scelte: sempre seguendo i gusti, le sensazioni immediate, la mentalità più comune, senza cercare invece di avvicinarci a quelle «beatitudini» che Gesù ha presentato come la caratteristica del suo regno.
Pensiamo alla carità, al rapporto con gli altri, non solo quelli più vicini e più simili, coloro che già la pensano come noi e vivono come noi, ma coloro che sono più sprovveduti, più bisognosi, diversi da noi.
L'esame può e deve continuare, per mettere alla luce la verità della nostra sequela.
Una scelta si impone: la nostra fede è il Cristo, è l'adesione coraggiosa e coerente alla sua parola, è la voglia di realizzare i suoi insegnamenti nella certezza che solo lì troviamo il senso più vero della nostra esistenza.
Si tratta di scegliere a quale «padrone» vogliamo servire: un padrone c'è e ci sarà sempre, sempre saremo legati a qualcuno, perché è impossibile essere, pienamente autonomi.
Se serviamo un solo padrone, e per di più se serviamo solamente «Gesù», c’è tutto da guadagnare, c’è da arricchirsi di tutto ciò che a lui appartiene, senza perdere nulla di quanto noi abbiamo e siamo.
Gesù è un padrone che non chiede nulla, ma solamente offre, invita, presenta: sta a noi decidere di accogliere il suo invito, aprirsi al suo dono, lasciarci riempire dalla sua presenza e dai suoi doni meravigliosi.
Se invece serviamo altri padroni, la fede comincia a diventare pesante, noiosa, conflittuale: bisogna continuamente giocare per fingere di accontentare tutti, bisogna accettare passaggi pesanti e faticosi che poi non danno quella soddisfazione che si prova quando si rischia tutto.
Forse è perché non abbiamo il coraggio di decidere e di continuare a fare delle scelte coerenti, che spesso restiamo freddi e insensibili e avvertiamo la fede come un peso o come qualcosa di inutile e lontano dalla nostra esigenza fondamentale.
Gesù lo sa e ci ha messo in guardia: servire a due padroni è pesante, difficile e sterile, è un tentativo che è già sconfitto in partenza e non offre nessun guadagno.
Servire Gesù, stare con lui, seguire i suoi insegnamenti, saranno sempre le uniche tracce che conducono alla pienezza della nostra vita e della nostra gioia.
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