Riflettiamo
Chi non ama il fratello che vede, non può amare Dio che non vede...

Per far comprendere ai suoi "piccoli figli" che l'agape di cui ha parlato fin qui non consiste in un amore generico e disincarnato - quello che può essere definito come "amore presbite" -, ecco che da queste vette teologiche Giovanni scende immediatamente a trattare della pratica quotidiana dell'amore, quell'amore che è "fatica ", come ricorda Paolo (kópos tês agápes, la fatica dell'amore: 1Ts 1,3); quell'amore che è "un arduo lavoro, un lavoro a giornata" (Rainer M. Rilke). Significativamente, è proprio su questo orizzonte che si conclude l'intero brano: "Se qualcuno dice: "Io amo Dio", e odia suo fratello, è un menzognero; sì, chi non ama suo fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il proprio fratello" (1Gv 4,20-21). Vi è un solo modo per credere a chi afferma di amare Dio: verificare se egli ama il fratello che gli è vicino, colui al quale accetta di farsi "prossimo" (cfr. Lc 10,29-37). Come non ricordare qui quella parola di Gesù non scritta nei vangeli ma tramandata da Clemente Alessandrino: "Hai visto tuo fratello? Hai visto Dio". Giovanni è molto realista e non predica l'amore per i lontani, bensì per coloro con i quali realmente e quotidianamente si vive. Sarà poi proprio questo amore che, se vissuto in verità, avrà in sé le energie per dilatarsi e raggiungere anche coloro che sono lontani; ma il punto di partenza non può essere che questo. In breve: o questo amore è reale e visibile – ossia fraterno, intenso e privo di simulazione (cfr. 1Pt 1,22) - oppure è falso; non vi è altra possibilità!
Gesù stesso ha vissuto l'amore all'interno di una comunità specifica, in un ambiente e con uomini e donne ben precisi. Gesù ha amato i suoi discepoli con un amore intenso, "fino alla fine" (Gv 13,1); ha amato Marta, Maria e Lazzaro (cfr. Gv 11,5); ha amato in particolare un discepolo (cfr. Gv 13,23; 19,26; 20,2; 21,7.20); e quando ha affidato a Pietro il compito di pascere le sue pecore, lo ha fatto ponendogli con chiarezza l'esigenza di una relazione d'amore: "Simone di Giovanni, mi ami tu più di queste cose?" (Gv 21,15). Se è vero che Dio ha amato il mondo di un amore illimitato, è altrettanto vero che Gesù ha manifestato tale amore donandolo alla sua comunità e amando concretamente coloro che ha incontrato anche occasionalmente sulla sua strada: il giovane ricco (cfr. Mc 10,21), la donna adultera (cfr. Gv 8,10-11)... E anche il comandamento nuovo dato da Gesù non è semplicemente: "Amate", bensì: "Amatevi gli uni gli altri", in un'intensa relazione di comunione fraterna.
Privata di questa traduzione quotidiana, l'agape è dissolta, ma questa è per Giovanni la stessa cosa che dissolvere Gesù Cristo (cfr. 1Gv 4,3); dire infatti: "Io amo" e poi non amare quel fratello concreto, quel fratello in carne e ossa che mi vive accanto, equivale ad affermare che Gesù Cristo non è venuto nella carne.
Per Giovanni, l'amore fattivo e reale, vissuto nella comunità e nella storia, è il signum magnum agli occhi del mondo, è l'unica strada attraverso la quale tutti possono giungere al riconoscimento dei veri discepoli di Gesù (''Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri": Gv 13,35) e quindi al riconoscimento dell'esistenza di Dio (cfr. 1Gv 4,12).
Tutti gli altri segni - la profezia, i miracoli, il dono delle guarigioni ecc. - sono sottomessi all'ambiguità e possono essere compiuti anche dall'anticristo (cfr. Mt 7,22; Ap 13,11-17). Proprio e solo nell'amore fraterno, invece, si può cogliere il sigillo della "differenza cristiana", quella capacità di fraternità e di comunione che portava i pagani a esclamare con stupore, di fronte ai primi cristiani: "Guarda come si amano vicendevolmente!". Al contrario, pretendere di amare Dio senza amare il fratello, è illusione e menzogna, è un vero e proprio non senso, perché "chi non ama suo fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (cfr. 1Gv 4,20).
Ancora una volta, si rivelano estremamente intelligenti e puntuali le parole di Agostino:
Potresti dirmi che non hai visto Dio, ma non potrai dirmi che non hai mai visto gli uomini. Ama dunque il fratello: se amerai il fratello che vedi, ecco che vedrai Dio, poiché vedrai l'amore stesso, e Dio abita nell'amore ... Affermi di amare Cristo? Osserva il suo comandamento e ama il fratello: se non ami il fratello, come puoi amare uno di cui disprezzi il comandamento?
Allora… "Questa è la strada!... Ora proviamo a camminare su di essa".