Riflettiamo
L'Avvento: la natura dell'attesa...
Dopo aver riflettuto su cosa significa "attesa" nel contesto dell'Avvento; adesso, mi piacerebbe, rivolgere la nostra attenzione a una cosa. Qual è la natura dell’attesa?
Attendere, come lo vediamo nei personaggi delle prime pagine del Vangelo, è attendere con un senso di promessa. «Zaccaria, tua moglie Elisabetta ti darà un figlio». «Maria, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù» (Lc 1, 13.31). I personaggi che attendono hanno ricevuto una promessa: hanno ricevuto qualcosa che sta operando in loro, come un seme che ha cominciato a germogliare. Questo è molto importante. Noi possiamo veramente aspettare solo se ciò che stiamo aspettando è già cominciato per noi. Così, aspettare non è mai un movimento da niente a qualcosa. È sempre un movimento da qualcosa a qualcosa di più. Zaccaria, Elisabetta, Maria, Simeone e Anna stavano vivendo con una promessa che li nutriva, che li alimentava e che li rendeva capaci di stare dov’erano. E in questo modo, la promessa si poté realizzare in loro e per mezzo di loro.
In secondo luogo, l’attesa è attiva. La maggior parte di noi pensa all’attesa come a qualcosa di molto passivo, uno stato senza speranza determinato da eventi completamente al di fuori delle nostre mani. L’autobus è in ritardo? Non ci puoi fare niente, così non ti resta che sederti e solo aspettare. Non è difficile capire l’irritazione che la gente prova quando qualcuno dice: «Semplicemente aspetta». Parole come queste sembrano spingerci nella passività. Ma non c’è nulla di questa passività nella Scrittura. Coloro che sono in attesa aspettano molto attivamente. Essi sanno che ciò che stanno aspettando sta germogliando dal terreno sul quale si trovano. Questo è segreto. Il segreto dell’attesa è la fede che il seme è stato piantato, che qualcosa è iniziato. Attesa attiva significa essere pienamente presenti al momento, nella convinzione che qualcosa sta accadendo dove sei tu e che vuoi essere presente a quel momento. Una persona in attesa è qualcuno che è presente al momento, che crede che questo momento è il momento.
Una persona in attesa è una persona paziente. La parola ‘pazienza’ vuol dire la buona volontà di stare dove siamo e di vivere la situazione nella fede che qualcosa di nascosto si manifesterà a noi. Le persone impazienti si aspettano sempre che l’evento importante stia avvenendo in qualche altro luogo, e quindi vogliono andare altrove. Il momento presente è vuoto. Le persone pazienti, invece, osano restare dove sono. Vivere con pazienza significa vivere attivamente nel presente e qui attendere. L’attesa, allora, non è passiva. Essa comporta il nutrire il momento, come una madre nutre il bambino che sta crescendo nel suo grembo. Zaccaria, Elisabetta, Maria, Simeone ed Anna erano presenti al momento. Questo è il motivo per cui essi poterono sentire l’angelo. Erano vigili, attenti alla voce che parlava loro e diceva: «Non temete! Qualcosa sta per accadervi. Fate attenzione». Ma c’è di più. L’attesa è senza fine. Un’attesa senza fine è difficile per noi perché tendiamo ad aspettare qualcosa di molto concreto, qualcosa che desideriamo avere. Molto della nostra attesa è pieno di desideri: «Vorrei avere un lavoro. Vorrei che il tempo fosse migliore. Vorrei che il dolore passasse». Siamo pieni di desideri e la nostra attesa resta facilmente impigliata in questi desideri. Per questa ragione, molta parte della nostra attesa è ‘a termine’. Invece, il nostro attendere è un modo di tenere sotto controllo il futuro. Noi vogliamo che il futuro vada in una direzione molto precisa, e se questo non accade ci rammarichiamo e possiamo persino scivolare nella disperazione. Questo è il motivo per cui ci è tanto difficile trascorrere il tempo nell’attesa; vogliamo fare le cose che porteranno alla realizzazione degli eventi desiderati. Qui possiamo vedere come i desideri tendono ad essere collegati con le paure. Zaccaria, Elisabetta, Maria, Simeone ed Anna, invece, non erano pieni di desideri. Erano pieni di speranza. La speranza e qualcosa molto diverso. La speranza è avere fiducia che qualcosa si compirà secondo le promesse e non semplicemente secondo i nostri desideri. Quindi la speranza è sempre senza fine. Proviamo solo ad immaginare che cosa Maria stava in realtà dicendo con le parole: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38). Stava dicendo: «Io non so cosa significhi tutto questo, ma ho fiducia che accadranno cose belle». Tanto profonda era la sua fiducia che la sua attesa fosse aperta a tutte le possibilità. E lei non voleva controllarle. Credeva che quando ascoltava con attenzione, poteva aver fiducia in ciò che stava per accadere. Attendere a tempo indeterminato è un atteggiamento enormemente radicale verso la vita. È avere fiducia che ci accadrà qualcosa che è molto al di là della nostra immaginazione. È abbandonare il controllo del nostro futuro e lasciare che sia Dio a determinare la nostra vita. È vivere con la convinzione che Dio ci plasma secondo l’amore di Dio e non secondo la nostra paura. La vita spirituale è una vita in cui noi aspettiamo, stiamo in attesa, attivamente presenti al momento, aspettando che cose nuove ci accadano, cose nuove che sono molto al di là della nostra stessa immaginazione o previsione. Questo, certamente, è un atteggiamento molto radicale verso la vita in un mondo preoccupato di controllare gli eventi.